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L’equilibrio invisibile. Un approccio ecosistemico alla pandemia [STUDENTS' CORNER]

Negli ultimi mesi il mondo si è ritrovato nel mezzo di una pandemia che sembra essere arrivata all’improvviso, generando scompiglio e sgomento nell’ecosistema umano. Utilizziamo l’espressione “ecosistema umano” non a caso, perché l’impressione è che qualcosa che ritenevamo “nostro” sia stato permeato da qualcos’altro, che non c’entrava nulla con “noi”: un microrganismo invisibile, un virus. Proprio questa percepita estraneità ha reso ai nostri occhi il fenomeno come incredibile ed eccezionale (Ferrari, Guigoni, 2020).

Tuttavia, SARS-CoV-2 non è un corpo estraneo rispetto al nostro ecosistema, anzi, ciò che ci fa ammalare è l’interazione del virus con una serie di fattori umani e sociali. Il motivo per cui questa “invasione” ci è sembrata tanto sorprendente è radicato in profondità nel sistema di pensiero occidentale: siamo immersi in una concezione del mondo naturalista, che vede natura e cultura come dimensioni separate (Descola, 2005; Remotti, 2011). Diversi studi hanno messo in evidenza come questa concezione del mondo sia un prodotto culturale, una costruzione e hanno portato alla luce altre visioni del mondo che percepiscono la natura come indissociabile dal culturale e dall’umano (Descola, 2005; Viveiros De Castro, 2015; Remotti, 2011).

Il naturalismo porta con sé una visione troppo povera (Viveiros De Castro, 2015) per comprendere a fondo le cause e gli effetti del contagio, la diversità dell’emergenza coronavirus nelle varie parti del pianeta o anche all’interno della stessa nazione. SARS-Cov-2, un virus, un non-umano, un estraneo, un Altro, per giunta particolarmente aggressivo e violento, un nemico, come spesso definito dai media e nel linguaggio quotidiano, sta sfidando apertamente la classica divisione natura e cultura, mostrando che non solo è inserito in una rete di relazioni, ma che può anche plasmare la realtà. Allora, forse, per meglio comprendere la situazione che stiamo vivendo, è necessaria una teoria del sociale che si declini in un’ottica ecosistemica (Raffaetà, 2020), che possa aiutare a rendere evidenti l’equilibrio e le interconnessioni fra umani e non-umani.


A questo proposito la Actor-Network-Theory (ANT) elaborata da Bruno Latour (2005) può essere d’aiuto. Secondo l’autore, la realtà risultante dall’interazione fra attori umani e non-umani si configura come una costruzione composita, incerta, fatta di deviazioni e spostamenti, che vanno a comporre legami deboli ed equilibri precari tra i diversi attori. Tutto ciò ci fa capire che questi ultimi possono agire sulla realtà, possiedono agency e questo li rende agenti sociali (Viveiros De Castro, 2015). Se la rete è composta da umani e non-umani, qualunque cosa che sia in grado di modificare la realtà può essere un agente sociale: un essere umano, un animale, un oggetto, un cactus o un virus. Quest’ultimo rientra nella categoria degli agenti patogeni, i responsabili delle malattie infettive, causate da un processo assimilabile alla predazione. Come i predatori, i virus hanno prede preferite, abituali, bersagli per i loro attacchi, che possono cambiare occasionalmente: “sono incidenti, aberrazioni, ma accadono” (Quammen, 2012). L’incidente è avvenuto nel caso del SARS-CoV-2, che ha effettuato un salto di specie, il cosiddetto spillover e ha provocato una zoonosi, una malattia infettiva trasmissibile dagli animali alla specie umana e viceversa: questo ci ha ricordato che gli esseri umani sono davvero una specie animale, legata in modo indissolubile alle altre, “[…] nelle nostre origini, nella nostra evoluzione, in salute e malattia” (Quammen, 2012).

Nata da quel pensiero moderno che è stato la culla della visione naturalistica, è la stessa evidenza scientifica a mostrarci l’enorme biodiversità e quantità di microbi che vivono assieme, dentro e attorno a noi e che i virus fanno parte di questo mondo microbico. Questi ultimi “[…] incidono infatti sulla nostra stessa identità di esseri umani, perchè circa metà delle cellule di un corpo umano sono microbiche e la loro attività è centrale per lo svolgimento di processi che coinvolgono la salute come il metabolismo, la regolazione del peso, l’attività del sistema immunitario, le reazioni allergiche, le reazioni allo stress e il successo delle terapie, influenzando persino l’umore e la personalità” (Raffaetà, 2020). Così come la gravità lega le geometrie dello spaziotempo, costituendo la forma stessa dello spazio (Comini, 2017), così le interazioni fra umani e non-umani sono la forma, la fabbrica del nostro ecosistema. SARS-CoV-2 ha agito su tutto il pianeta, mettendolo in moto e stimolando le reazioni di molti Paesi, che si sono mostrate diverse in base alle particolari interazioni di fattori economici, sociali, culturali e politici dei rispettivi contesti.

Alla luce di quanto detto fino ad ora, appare chiaro che identificare SARS-CoV-2 come l’unica causa della malattia è quantomeno limitato. La diffusione del virus, la possibilità che colpisca soggetti deboli e il suo tasso di mortalità sono influenzati da molte variabili che poco hanno a che fare con la “natura” come siamo abituati ad intenderla. Le probabilità di ammalarsi e di contagiare altre persone dipendono ad esempio dal sistema socio-sanitario della zona del mondo in cui ci si trova, dalla disponibilità di personale medico o dalla possibilità di ricevere una diagnosi in modo tempestivo: elementi che dipendono anche da scelte politiche molto anteriori. Si vedano ad esempio i casi di Taiwan e della Corea del Sud (Ferrari, Guigoni, 2020).

Vi sono anche altri elementi, meno visibili, che possono contribuire all’avanzare dell’epidemia e sono dati dal capitale sociale, individuale ed economico a disposizione di ogni individuo (Bourdieu, 1983). Non tutti infatti hanno la possibilità di “restare a casa” per ridurre la probabilità di contrarre e diffondere il virus: questa è una scelta che dipende anche dal lavoro svolto, dalle reti di sostegno e di aiuto a disposizione, nonché dalla capacità di recepire ed elaborare le informazioni, elementi che sono a loro volta influenzati da condizione sociale, dal livello di istruzione, dall’essere migrante o senzatetto e molto altro. Vediamo dunque che SARS-CoV-2 non è un agente solitario che ci colpisce in condizioni neutre e uguali per tutti e ovunque, bensì uno degli elementi che può causare la malattia e declinarla in modi molto diversi e inaspettati. Come insegna l’antropologia medica, la malattia è sempre il prodotto di diversi elementi in interazione tra loro, allo stesso tempo sociali e naturali (Cozzi, 2012; Kleinman, Eisenberg, Good, 2006; Pizza, 2005).

Provare dunque a ripensare il paradigma “natura-cultura” ci può aiutare a vedere meglio come il virus sia parte del nostro stesso ecosistema. Inoltre, considerando umani e non-umani come attori del sociale allo stesso livello, riusciamo a cogliere meglio le interconnessioni e gli intrecci che causano la pandemia. Quanto detto fino ad ora ci permette di guardare al futuro in modo diverso, soprattutto se si tiene in considerazione che secondo alcuni esperti del settore “zoonosi […] è una parola destinata a diventare assai più comune nel corso di questo secolo. […] Per questo bisognerebbe parlare più di trovare equilibri che di sconfiggere nemici” (Quammen, 2012). 

Bourdieu P. (1983), La distinzione. Critica sociale del gusto, Il Mulino, Bologna

Comini G. (2017), La relatività per non addetti ai lavori, da «Researchgate»

Cozzi D. (2012), Le parole dell’antropologia medica. Piccolo dizionario, Morlacchi editori, Perugia

Descola P. (2005), Oltre natura e cultura, ed. it  Nadia Breda (a cura), Firenze, SEID Editori

Ferrari R., Guigoni A. (2020) (a cura), Pandemia. La vita quotidiana con il Covid-19, M&J Publishing House

Ingold T. (2001), Ecologia della cultura, Meltemi, Roma

Kleinman A., Eisenberg L., Good B. (2006), Culture, illness and care: clinical lessons from anthropologic and cross-cultural research, in «Focus. The Journal of Lifelong Learning in Psychiatry», 4 (1)

Lamma P. (2004), Percezione del rischio e “modernità”, Dipartimento di Sanità Pubblica e Microbiologia, Università degli studi di Torino

Latour B. (1991), Non siamo mai stati moderni. Saggio di antropologia simmetrica, Elèuthera, Milano

Latour B. (1998), La scienza in azione. Introduzione alla sociologia della scienza, Edizioni di Comunità, Torino, pp. 241-288

Latour B. (2010), Cogitamus. Sei lettere sull’umanesimo scientifico, Il Mulino, Bologna

Pizza G. (2005), Antropologia medica. Saperi, pratiche e politiche del corpo, Carocci editore, Roma

Quammen D. (2012), Spillover, Milano, Adelphi

Raffaetà R. (2020), Una prospettiva antropologica sui virus, da «Aspenia Online»

Remotti F. (2011), Cultura. Dalla complessità all’impoverimento, Editori Laterza, Roma-Bari

Milano e Desenzano del Garda (BS), 22 aprile 2020
Francesca Esposito e Laura Graziano
Laureate in Scienze antropologiche ed etnologiche
Università degli Studi Milano-Bicocca

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