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La nostra distopia quotidiana

Innanzitutto il titolo. Questo post deve il suo nome a un articolo apparso questa notte sul quotidiano spagnolo El Pais. David Trueba, giornalista, scrittore e sceneggiatore madrileno, a mezzanotte e trentasei firma il pezzo "La distopía nuestra da cada día". Da pochi minuti siamo entrati nella giornata che farà dell'Italia intera una "zona protetta" soggetta alle restrizioni contenute nel Dpcm 9 marzo 2020 firmato in serata dal Primo Ministro Conte. Un decreto che, come spiegato all'atto della presentazione, ha lo specifico obiettivo di "cambiare le nostre abitudini"

Uno scenario che chiama in causa tutti noi e che interroga direttamente chiunque abbia una formazione antropologica e creda nella vocazione pubblica dell'antropologia. Del resto, anche noi non parliamo d'altro da settimane. Nelle nostre famiglie, con i nostri colleghi e amici, con noi stessi. Di persona, per telefono, via skype, sulle chat di Whatsapp, leggendo e scrivendo e-mail. Abbiamo imparato e praticato una discplina fondata sul viaggio e sull'incontro, una disciplina fatta di relazioni e che si interessa a tutto quanto tiene insieme le persone. In queste ore, pare non esserci rimasto nulla: non possiamo muoverci, non possiamo incontrare gli altri, e dobbiamo #restare a casa per il bene di tutti. Occorre mantenersi alla giusta distanza, anche se non sappiamo esattamente quale sia: un metro, un metro e ottantadue, due metri, forse quattro.


Riusciamo ancora a vedere qualcosa, mentre impariamo a stare alla giusta distanza? Abbiamo qualcosa da dire su quanto osserviamo attorno a noi? Siamo preoccupati, ma non abdichiamo a noi stessi. Continuiamo a preparare lezioni, a studiare, a immaginarci nel futuro. Possiamo continuare a esercitare il nostro pensiero critico sul mondo che inizia fuori dall'uscio di casa. Esiste un repertorio cui possiamo fare affidamento: l'antropologia medica per evidenziare le componenti socio-culturali dell'epidemia; l'antropologia urbana per leggere il senso delle strade che si svuotano, dei cartelli "tutto chiuso fino a nuove indicazioni" che sono comparsi sulle saracinesche abbassate dei negozi; l'antropologia del futuro che da Arjun Appadurai alla design fiction ci fornisce strumenti per confrontarci sul cambiamento e prendere posizione sugli scenari del possibile.

"La giusta distanza. Piccolo osservatorio etnografico sull'isolamento" è un blog aperto a tutta la comunità antropologica italiana come spazio di espressione, condivisione e confronto. Potrà ospitare minute esplorazioni etnografiche relative agli effetti dell'epidemia da coronavirus sui territori, auto-etnografie legate alla condizione di restrizione della mobilità e della socializzazione, riflessioni più ampie sugli scenari presenti e futuri, indicazioni di percorsi di lettura e segnalazioni di testi e autori che possano aiutarci a interpretare i processi in atto. 

Come ha scritto David Trueba nel suo articolo notturno: "La madurez consiste ni más ni menos en la aceptación del tiempo que te toca vivir". La maturità consiste nell'accettare il tempo che dobbiamo vivere. 

Torino, 10 marzo 2020
Francesco Vietti
Università di Milano Bicocca

Per inviare il vostro contributo, scrivete a: anthroday@gmail.com.
Il blog è curato dal gruppo di lavoro del World Anthropology Day - Antropologia pubblica a Milano.