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Note da Maputo #3. Una riflessione sul futuro della cooperazione sanitaria post Covid-19 // FASE 2

La situazione della pandemia in Mozambico è in lenta evoluzione dovuta ad una impossibilità tecnica del paese di testare le persone e quindi di comprendere la reale entità del problema nel paese. Ad oggi esiste un unico laboratorio in tutto il paese in grado le leggere il test, la distribuzione dei kit è di poche decine per provincia e il test, una volta effettuato, richiede anche giorni per arrivare nella capitale, rischiando di compromettersi. Stiamo lavorando per la realizzazione di laboratori in ogni provincia e con centinaia di attivisti per fare informazione nelle comunità e per stabilire un sistema di vigilanza epidemiologica in modo da arrivare capillarmente nelle aree più remote.

Le difficoltà sono molteplici e di diversa natura, dalla carenza di materiale protettivo (tutta l’Africa, direi, ha optato per produrre mascherine fatte in casa, di efficacia parziale ma esteticamente convincenti), alle credenze erronee che si sono diffuse (malattia dei “bianchi”, dei “cinesi”, proteggersi è inutile perche’chi ha la pelle nera è immune..) e di carattere organizzativo-gestionale; i passaggi burocratici necessari per qualsiasi attività che invece dovrebbe essere rapida sono molteplici e rigorosamente ottemperati a tutti i livelli, dal ministero sino al più recondito comitato politico di villaggio, riflettendo un dovere di collegialità avvertito come elemento unificante necessario per la stabilità e la coesione sociale, in un paese mai completamente pacificato e dove chiaramente qualsiasi elemento di criticità assume immediatamente una valenza politica e si presta a strumentalizzazioni.


Il coordinamento tra i molteplici attori internazionali è frammentario e poco lineare, riflettendo agende politiche, piani di lettura e priorità differenti. E’ dalla posizione privilegiata di operatore attivamente partecipante e partecipato che germina una riflessione su come evolverà il panorama della cooperazione internazionale sanitaria quando l’emergenza sarà superata.
Quali modelli, priorità e strategie prevarranno nel prossimo futuro è un tema irrinunciabile per provare a tracciare degli scenari che, per quanto complessi, possono darci indicazioni fondamentali per interpretare (e attrezzarci di conseguenza) le dinamiche e I discorsi relativi al campo semantico dello “sviluppo” e della salute globale.

Sporcandosi le mani nel lavoro quotidiano, possiamo riconoscere e presentare alcuni elementi rilevanti; se gli “obiettivi del millennio”, il cui ciclo si è concluso nel 2015, identificavano ben 3 obiettivi su 8 in totale come priorità specificatamente sanitarie (gli obiettivi 4,5 e 6, volti alla riduzione della mortalità infantile, quella materna e alla lotta a HIV-AIDS, malaria ed altre malattie) con un impianto teorico e analitico inequivocabile nella sua immediatezza, così come nel fornire ai grandi organismi donatori internazionali indicazioni di investimento inequivocabili, gli “obiettivi sostenibili del millennio” (la prospettiva temporale arriva al 2030) vedono “solo” un obiettivo dedicato ad impattare su indicatori sanitari, il numero 3 volto a promuovere “buona salute e benessere” a tutta la popolazione mondiale. Il suo pronunciarsi accostando “salute e benessere”, se dà vigore ad una interpretazione ampia del concetto di “salute” e dunque apre una rivisitazione ad un rinnovamento di alcuni paradigmi deterministici, circoscrive un arretramento della sanità in sè nell’arco delle priorità planetarie percepite a favore di un programma che vede nella necessità di un riequilibrio tra ecosistemi e impronta umana la propria cifra distintiva.


La pandemia che stiamo faticosamente attraversando pone tutti noi di fronte all’evidenza dell’inadeguatezza strutturale di molti paesi ad affrontare emergenze sanitarie di questa portata. Se tale considerazione può essere tragicamente letta e ritagliata pensando in primis all’Italia (dove però le carenze e le conseguenze derivano da scelte di politica sanitaria degli ultimi trenta anni e da un modello di società che vede nel malato il cliente di un servizio), in Africa e in Mozambico derivano dalla assoluta fragilità del sistema sanitario nella sua totalità, in un paese ancora agli ultimi posti nell’indice di sviluppo umano e che presenta uno dei maggiori indici di Gini del pianeta.

Quali elementi sapranno trarre gli organismi impegnati nella definizione e nell’analisi della salute globale, e quali traiettorie seguiranno le strategie dei paesi in materia di sanità sono temi fondamentali che sebbene ad oggi potrebbero sembrare prematuri, potrebbero comportare scompensi nella già carenti risorse ad oggi disponibili per occuparsi di problemi di minore visibilità emotiva e di minor pericolisità in termini di diffusione ma che impattano in modo decisivo sul futuro dei paesi che ne sono affetti. Le malattie croniche e le malattie mentali sono recentemente state riconosciute dal Organizzazione Mondiale della Sanità come le “pandemie silenziose” del continente africano nei prossimi decenni, come ancora, tra altre, la malnutrizione cronica che comporta il mancato pieno sviluppo delle facoltà cognitive del bambino rappresentando un peso immenso per le generazioni future e le aspettative di “crescita” di molti paesi… o ancora la mortalità neonatale che in Africa rimane un indicatore centrale nel leggere la diseguaglianza nell’accesso a servizi sanitari equi e di qualità…temi sui quali I paesi stavano lentamente iniziando a dedicare risorse e pianificando, inserendoli nelle agende politiche e nei piani strategici; ora si rischia un arretramento dell’attenzione dedicata a queste a favore di investimenti volti ad affrontare presenti e probabili future emergenze.

E’ evidente che, per quanto assolutamente auspicabili, provvedimenti e strategie volte a contrastare le emergenze risponde a criteri e meccanismi altri rispetto a quelli necessari ad impegnarsi contro le “pandemie silenziose”, lasciando tutti noi ad interrogarci sui possibili scenari futuri della cooperazione sanitaria, sul suo ruolo, funzione, autonomia, possibilità di contribuire.
E’ questo chiaramente solo un tassello di un riflessione ampia ma doverosa su come cambierà la cooperazione internazionale dalla sua dimensione attuale, non solo in ambito sanitaria, e quali toni assumerà nell’opinione pubblica l’investimento pubblico per la cooperazione, in un paese come l’Italia ferita gravemente dalla pandemia e che si prepara ad affrontare un crisi economica di proporzioni ancora non immaginabili.

Qui due video (filmato 1 e filmato 2) per un approfondimento sulle attività di Medici con l'Africa CUAMM in Mozambico durante il periodo dell'epidemia da Covid-19.


Maputo (Mozambico), 14 maggio 2020
Edoardo Occa
Medici con l'Africa CUAMM
Dottorato in Antropologia Culturale e Sociale (DACS)
Università di Milano Bicocca

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Il blog è curato dal gruppo di lavoro del World Anthropology Day - Antropologia pubblica a Milano.