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No fim distu tudo. Uno sguardo sulla prima settimana di contagi in Portogallo

Giovedì 12 marzo, la Direção Geral da Saúde [Direzione Generale di Salute] ha caldamente consigliato l’isolamento in Portogallo. In quella settimana si erano infatti registrati i primi casi di infezione. Venerdì 13, la maggior parte delle bambine e dei bambini portoghesi non sono andati a scuola, sebbene le scuole abbiano chiuso solo il giorno 16. Senza considerare l’eccesso di notizie, il fine settimana è stato calmo, è arrivata finalmente la solidarietà con l’Italia e abbiamo cominciato a imitare le apparizioni serali alle finestre e ai balconi, ma, durante il giorno, le piazze continuavano a essere piene. 

Lo scorso lunedì 16 marzo, le classi medie in isolamento sociale hanno cominciato a sperimentare i vantaggi e gli svantaggi dell’isolamento e a condividere opinioni sulla necessità o meno di dichiarare lo stato di emergenza. Oggi, giorno 18, il Presidente della República farà la sua dichiarazione, e domani lo stato portoghese dovrà affrontare la doppia sfida di mancanza di letti nelle terapie intensive e il divieto di circolazione nel paese. 

Le abitudini difficili da cambiare, le nozioni di comunità e di vicinato che si rinforzano a causa dell’isolamento, la condivisione di sentimenti di fronte a un futuro sconosciuto, alimentano fortemente le ansie delle famiglie, delle persone che vivono sole, delle imprese che non conoscono il loro futuro, in merito all’incertezza relativa al numero dei giorni che dovremo passare in casa. Ma alimentano anche fortemente la riflessione su quello che sta accadendo. Il nazionalismo (il secondo giorno in cui ci siamo affacciati alle finestre e ai balconi molto portoghesi hanno cantato l’inno nazionale), la solidarietà (sempre il secondo giorno sono nati movimenti di mutuo soccorso tra vicini), le piattaforme come “OPA! Organização Popular Antiviral” [Organizzazione Popolare Antivirale], che denuncia le ingiustizie del mondo del lavoro e condivide servizi di mutuo aiuto, iniziative solidali, allerte sociali, tutto ciò necessita di attenzione. Le reti sociali seguono le tendenze internazionali; Whatsapp da un lato aiuta a dimenticare l’isolamento attraverso i gruppi di amici e di familiari e la circolazione di video umoristici, dall’altro incrementa la paura con notizie poco certe sullo stato della salute pubblica. “No fim disto tudo” [“Alla fine di tutto questo”], come sarà?


Selezione dell'autrice di una conversazione Whatsapp. 
Il disegno incluso è di Caterina DI Giovanni, 17 marzo 2020. 

Ci troviamo solo all’inizio di una pandemia ad oggi esponenziale e i telegiornali si concentrano su grafici che tracciano ipotesi matematiche, così come all’inizio della guerra in Iraq mostravano i carri armati e gli elicotteri nordamericani. I grafici oggi mostrano il lieve rallentamento del numero di contagiati in Italia, dimostrando che vale la pena rimanere in casa. Questo, e comprare respiratori. 

In questa crisi sanitaria, la metafora della barca – il celebre “siamo tutti sulla stessa barca” – ha cominciato a divenire realtà con la messa in quarantena delle navi da crociera in giro per il mondo, ma esistono altri tipi di barche reali, più piccole, su cui ogni famiglia o persona isolata da qualche giorno salirebbe facilmente, alla ricerca di un luogo sicuro dove vivere in libertà. Sarà ancora necessario spiegare il terrore di morire che i rifugiati affrontano durante il viaggio per arrivare in Europa? “No fim disto tudo”, giudicheremo nuovamente la sensazione di solidarietà che ora sembra regnare. 
Lisbona (Portogallo), 19 marzo 2020
Rita Ávila Cachado
CIES - ISCTE-IUL 
[Traduzione di Giacomo Pozzi]

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Il blog è curato dal gruppo di lavoro del World Anthropology Day - Antropologia pubblica a Milano.